Una parola-chiave fortemente emblematica, che dispiega i nessi linguistici tra agricoltura, ovvero cura (coltura) e cultura umana universale, il lemma giornata nel significato che ha nel dialetto (lessico) contadino piemontese ha valenze collegate e riferite al mondo rurale atavico, alle prime antiche espressioni della scrittura e a un universo semantico ancestrale che si rivelano nell’INDOVINELLO VERONESE:
Tra la fine del VIII e l’inizio IX secolo un anonimo amanuense appuntò questa enigmatica poesiola su una pergamena del VIII secolo:
se pareba boves, alba pratalia araba,
albo versorio teneba, negro semen seminaba
spinge i buoi / campi bianchi ara / un aratro bianco guida / un nero seme semina
BUOI = dita della mano – CAMPI = pagine bianche
ARATRO = penna d’oca – SEME NERO = parole scritte
L’eterno presente è simboleggiato nel mondo animale e vegetale dai SEMI, che contengono sia il passato che il futuro ( Elémire Zolla -ARCHETIPI, 1981 )
Considerato il più antico testo in lingua romanza scritto in nuovo corsivo, a cui si attribuisce il ruolo di primo scritto della nascente lingua italiana, l’INDOVINELLO VERONESE venne scoperto nel 1924 da Luigi Schiaparelli (storico e paleografo nato a Cerrione, paese ora della provincia di Biella, in passato sotto Novara e Vercelli) sul retro della terza pagina del Codice LXXXIX, conservato alla Biblioteca Capitolare di Verona, la mia città “materna”, dove è nata mia madre, abitava mia nonna e io trascorrevo le vacanze scolastiche, e che con Garda, con Monselice (Padova) e Milano è un luogo delle mie origini. Infatti ho appreso dell’esistenza dell’indovinello veronese da mia madre, che me lo ha insegnato quando alle medie cominciavo a studiare il latino e me lo recitava come i versi su San Zeno composti in dialetto da Berto Barbarani e le varianti in parodia con cui i veronesi cantavano arie e cori dell’Aida di Verdi.